Self-Compassion | Come riconoscere ed evitare i 5 falsi miti dell’autocompassione

Self-Compassion | Come riconoscere ed evitare i 5 falsi miti dell’autocompassione

Avere compassione per sé stessi non è davvero diverso dall’avere compassione per gli altri.

Un’esplosione di ricerche sull’autocompassione nell’ultimo decennio ha mostrato i suoi benefici per il benessere.

Le persone che praticano l’autocompassione hanno anche la resilienza necessaria per far fronte a eventi di vita stressanti come il divorzio, le crisi di salute e il fallimento scolastico e persino per combattere i traumi.

Invece di giudicare e criticare senza pietà sé stessi per varie inadeguatezze o carenze, l’autocompassione significa essere gentili e comprensivi quando ci si confronta con tutto questo .

Dopo tutto, dice Kristin Neff – Professoressa associata del Dipartimento di Psicologia dell’Educazione dell’Università del Texas di Austin – ( la vera ispiratrice della Mindful Self Compassion) :
” Chi  ha mai detto che si suppone di essere perfetti?

Attenzione però a non cadere nelle definizioni sommarie e nei falsi miti sulla Autocompassione.

1. L’auto-compassione è una forma di autocommiserazione.

Falso: l’autocompassione non significa sentirsi dispiaciuti per sé stessi.

Piuttosto è un ‘antidoto’ all’autocommiserazione e alla tendenza a lamentarsi della nostra sfortuna.

Questo non perché l’auto-compassione ti permette di escludere le cose cattive; in effetti, ci rende più disposti ad accettare, sperimentare e riconoscere sentimenti difficili con gentilezza, il che paradossalmente ci aiuta a elaborarli e lasciarli andare più pienamente.

Molte ricerche mostrano che le persone autocompassionevoli hanno meno probabilità di essere inghiottite da pensieri di autocommiserazione su quanto siano brutte le cose.

Questo è uno dei motivi per cui le persone compassionevoli godono di un benessere mentale migliore.

2. Auto-compassione significa debolezza

Falso: i ricercatori stanno scoprendo che l’auto-compassione è una delle fonti più potenti per affrontare le difficoltà e resilienza a nostra disposizione. Soffocare i propri sentimenti e non ammettere quanto si soffre, non aiuta a superare ma rischia di “bloccarci”.

Quando attraversiamo piccole o grandi crisi della vita, l’auto-compassione sembra fare la differenza nella nostra capacità di sopravvivere e persino di prosperare.

E’il tassello mancante che potenzialmente aiuta ad andare avanti.

3. L’auto-compassione mi renderà troppo indulgente.

Falso: Forse il più grande ostacolo all’auto-compassione è la convinzione che minerà la nostra motivazione a spingerci a fare meglio. L’idea è che se non ci critichiamo per non essere all’altezza dei nostri standard, soccomberemo automaticamente al pigro disfattismo.

Mostrare e mostrarsi in un onesto riconoscimento del fallimento aiuta a mantenere la fiducia in noi stessi e a sentirci supportati emotivamente.

C’è una buona quantità di ricerche che mostrano chiaramente che l’auto-compassione è una forza molto più efficace per la motivazione personale rispetto all’autopunizione.

4. L’auto-compassione è narcisistica.

Falso: l’autocompassione non è ‘autostima’ che richiede di distinguersi in mezzo alla folla, essere speciali e sopra la media ; ma il desiderio di vederci migliori della media può portare a comportamenti decisamente sgradevoli.

L’autocompassione è diversa e non è affatto un giudizio o una valutazione.

E’ invece un modo di relazionarsi con il panorama in continua evoluzione , riconoscere il ‘chi siamo’, con gentilezza e accettazione, specialmente quando falliamo o ci sentiamo inadeguati.

In altre parole se l’autostima richiede di sentirsi meglio degli altri, l’autocompassione richiede di riconoscere che condividiamo la condizione umana di imperfezione.

L’autostima è un’amica dei soli momenti buoni, che però ci abbandona quando la nostra fortuna sembra mancare.

L’auto-compassione è sempre lì per noi: una fonte affidabile di supporto, anche quando le nostre ‘quotazioni mondane’ sono crollate.

5. L’auto-compassione è egoista.

Falso: Molte persone diffidano dell’autocompassione perché la confondono con l’egoismo. Invece aiuta le persone a sostenere l’atto di prendersi cura degli altri.

Specialmente le donne tendono ad avere livelli leggermente inferiori di autocompassione rispetto agli uomini, anche se tendono ad essere più premurose, empatiche e generose.

Sono ‘caregiver’ sempre, aprono disinteressatamente i loro cuori ai loro mariti, figli, amici e genitori anziani, ma non viene loro insegnato a prendersi cura di sé stesse. Essere modeste, schive, prendendosi cura degli altri non significa che bisogna trattarsi male.

Quando possiamo essere gentili e premurosi con noi stessi, molti dei nostri bisogni emotivi vengono soddisfatti, mettendoci in condizione di concentrarci ancora meglio sui nostri cari e sulle loro necessità.

Il COUNSELOR PROFESSIONALE può aiutarti a conoscere meglio e a praticare l’auto-compassione, per te o per le persone a te care.

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“Chiedere un sostegno è il primo passo per volersi bene. Non c’è giudizio qui”

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